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13/10/2020
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I Campi di Tullio, sabato 24 la presentazione del libro di Luigino Ciotti
"La storia di un Internato Militare Italiano" è il titolo del volume con cui il figlio ha voluto risarcire il padre

“I Campi di Tullio. La storia di un Internato Militare Italiano” è il titolo del volume di di Dino Renato Nardelli e Luigino Ciotti edito da Era Nuova Edizioni e Circolo culturale “primomaggio”.

Tullio Ciotti, uno dei tanti IMI (Internati Militari Italiani), che catturato dai nazisti l’8 settembre 1943, alla Cecchignola a Roma, fu portato in 4 diversi campi di concentramento della Germania, dove fu tenuto per 18 lunghi mesi. Il libro, che andrà in stampa in questi giorni, sarà presentato, per la prima volta, sabato 24 ottobre, ore 16, all’Auditorium della Scuola Media di S. Maria degli Angeli.

I Campi di Tullio è una storia all’apparenza semplice. Un ragazzo di 19 anni, Tullio Ciotti, parte per la guerra. L’Italia era entrata in guerra il 10 giugno 1940 ma in quel paesotto adagiato ai piedi di Bettona, in Umbria, gli effetti più tragici dovevano ancora palesarsi. A Tullio pare andargli bene. Sta a Roma, alla Cecchignola, a due passi da casa quell’8 settembre 1943, data dell’Armistizio. Il giorno dopo è già prigioniero dei Tedeschi; passano ancora due notti e lo caricano su un carro bestiame in viaggio verso una meta sconosciuta.

La storia vera comincia qui, allorché il giovane si trova tra reticolati, baracche, fango, freddo, fame, bersagliato da urla pronunciate in lingue sconosciute. Una storia che condividerà con 600.000 coetanei neanche considerati prigionieri di guerra ma Internati Militari Italiani. Vicende che per mille ragioni saranno destinare a scomparire dalla memoria collettiva, dissolte in tante memorie familiari.

Il libro I Campi di Tullio vuol essere insieme un risarcimento e un atto di giustizia. Luigino Ciotti, il figlio, ha voluto risarcire il padre della superficialità con la quale egli lo aveva ascoltato; ne ha condensato la storia registrando in video i suoi ricordi. Integrare i racconti con la conoscenza storica, dare corpo alle parole attraverso la descrizione dei luoghi è un atto di giustizia; solo così emozioni, sentimenti, cognizione degli eventi e soprattutto valori, possono raggiungere una generazione, quella dei giovani di oggi. Un atto di giustizia contro settant’anni di oblìo.


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