Luigino Ciotti

L’incontro del 10 maggio 2002 fa parte di un ciclo di presentazione di libri organizzato dal circolo culturale “primomaggio”: abbiamo iniziato il 19 aprile con “Lo Stato invisibile” di Gianni Cipriani, che ha venduto in due mesi diecimila copie, proseguiamo questa sera con il libro nuovissimo di Giulietto Chiesa “La guerra infinita”;  poi il 28 del mese ad Assisi, nella sala San Giovanni della Pro Civitate Christiana,  presenteremo Alberto La Volpe, che è stato direttore del Tg2, ma anche sindaco di Bastia Umbra, che ha scritto per i tipi degli Editori Riuniti “Diario segreto di Nemer Hammad ambasciatore di Arafat in Italia” e saranno presenti insieme all’autore Nemer Hammad e il Vescovo Mons. Sergio Goretti. Concluderemo questo ciclo il 31 maggio con Italo Moretti che presenterà il libro “I figli di Plaza de Mayo” edito dalla Sperling & Kupfer Editori nella collana diretta da Gianni Minà “Continente Desaparecido”.

Vi invitiamo inoltre a firmare per la Tobin Tax, una campagna a cui abbiamo aderito come circolo, e soprattutto a partecipare alla Marcia della Pace di domenica 12 maggio convocata contro “la guerra infinita”, come dice il sottotitolo che richiama proprio il libro scritto da Giulietto Chiesa: un momento importante per noi data la fase attuale che si sta attraversando e i massacri purtroppo che continuano. Noi vorremmo che si realizzasse in tempi brevi quello che oggi sembra quasi un sogno, cioè due stati per due popoli, nel rispetto delle risoluzioni dell’ONU.

Giulietto Chiesa negli ultimi tempi ha scritto anche altri libri: “G8 Genova” e “Afghanistan anno zero”, quest’ultimo scritto insieme al vignettista Vauro, con la presentazione di Gino Strada, i cui proventi saranno destinati ad Emergency.

È stato difficile avere Giulietto qui a Bastia. L’avevamo, infatti, chiamato a novembre per presentare proprio questo libro sull’Afghanistan, e dopo sei mesi siamo già arrivati al nuovo libro: visti i tempi ci prenotiamo già per il prossimo!

Giulietto Chiesa è stato per tanti anni corrispondente per l’Unità a Mosca, scrive oggi sulla Stampa ed è anche uno scrittore noto a tutti. Mi sembra che negli ultimi mesi abbia ritrovato un nuovo impegno, anche all’interno del movimento, con forme di protagonismo sociale che tendono a contrastare con la deriva che c’è purtroppo in questo paese. Peraltro lo abbiamo avuto ospite il 5 aprile ad Assisi per il Convegno “Scuole di pace per un mondo migliore” dove è stato il più applaudito in assoluto.

Il tema del libro, che non abbiamo potuto ancora leggere, è la guerra: un tema che tocca tutti noi da vicino, siamo ormai alla definizione di guerra “totale e permanente”, quindi la guerra come prospettiva, nonostante si era pensato, con il venir meno dei paesi dell’Est, che la pace sarebbe stata lo sbocco; in realtà da allora in poi la guerra è stata addirittura al centro dell’attività di alcuni stati. Su questo tema, dopo le esplosioni dell’Afghanistan e della questione mediorientale, strettamente intrecciate e legate, un ruolo preminente è quello della comunicazione e dell’informazione, o meglio dal nostro punto di vista, quello della non-informazione. Il New York Times ha annunciato la guerra contro l’Iraq per il 2003, quindi siamo di fronte ad una escalation dopo la guerra in Afghanistan che, a mio parere, ha legittimato anche quella in Medio Oriente.

Giulietto Chiesa

E' il primo dibattito che faccio su questo libro, anche se ne ho fatti 89 dopo il mio ritorno dall’Afghanistan. Questo libro è un tentativo di rispondere a tutte le domande che mi sono state fatte nel corso degli incontri, domande che erano anche mie, alle quali nessuno può trovare una risposta unica, per cui neanche la mia è una risposta univoca, ma diciamo che ci ho provato! Leggetelo e fatevi un’idea, perché per adesso di idee ce ne sono poche, ci sono invece molti punti interrogativi da risolvere, per cui vorrei che il libro servisse a questo, come strumento di guida in questo ginepraio.

Faccio due premesse, brevi, ma importanti.

La prima è che io non vado in giro a vendere speranze, non chiedetemele con domande del tipo “tu cosa proponi?” o “come se ne esce?” ecc.. perché non lo so,  ho delle idee ma dubito che siano sufficienti. Una cosa certa è che per uscire dalla situazione in cui siamo, noi abbiamo bisogno di una idea nuova del mondo, che la sinistra democratica non ha, le vecchie idee e concezioni politiche non funzionano più, perché siamo di fronte ad una situazione nuova, quindi la prima cosa da fare è saperne di più, imparare di più, riflettere e smettere di biascicare le litanie del passato, tanto non servono più a niente, litanie come il discorso sulla teoria dell’imperialismo.

Questa teoria non serve più a spiegare ciò che sta succedendo oggi, anche se io nel mio libro comincio subito dicendo “benvenuti nell’epoca dell’Impero”, noi siamo entrati nell’epoca non dell’imperialismo, ma dell’Impero totale che è una cosa nuova, bisogna cercare di capire intanto che cosa è.

Poi altre due cose:  noi siamo entrati nell’epoca dell’Impero l’11 settembre 2001 e questo Impero contemporaneamente è entrato in guerra e ci dichiara che vuole fare la guerra per un’intera generazione. Lo hanno detto tutti: Bush, Cheney e Rumsfield ci stanno ripetendo che questa guerra è lunga e durerà un’intera generazione, e non stanno scherzando, parlano sul serio e quindi tutti noi moriremo in stato di guerra.

La seconda è come mai l’Impero che da 10 anni ormai è rimasto l’unico sulla scena del mondo,  diventa Impero, diventa cioè potente, consapevole della sua forza ed entra in guerra contro il terrorismo internazionale, come ci è stato detto.

Sanno già, in anticipo, che ci vuole una generazione per sconfiggere il terrorismo internazionale? Ma non vi sembra strana questa cosa, perché è necessaria una guerra così lunga, quando fino al 10 settembre noi non sapevamo che ci fosse un nemico così potente da richiedere una guerra che dura un’intera generazione?  Ci crediamo o no? Io ho qualche dubbio, cioè dubito che quello che ci  stanno dicendo corrisponda a quello che stanno facendo.

>La seconda premessa è questa: io immagino che stasera tornerete a casa un po’ più inquieti di prima, almeno lo spero! Perché io ritengo che la prima cosa da fare è inquietarsi, prima ancora di decidere che cosa si deve fare, inquietarsi, perché molta gente non si è ancora resa conto di ciò che sta succedendo. La guerra afgana è cominciata, sembra quasi finita, è stata annunciata quella in Iraq, però non c’è ancora l’idea che la guerra sia una cosa che ci riguarda. Milioni di persone in Italia non pensano che la guerra li riguardi, ma si sbagliano! La guerra rapidamente ci riguarderà molto da vicino.

Cerchiamo di vedere un po’ più da vicino che cosa sta accadendo.

11 settembre: una data annunciata

Vi propongo alcuni elementi di riflessione sull’11 settembre, perché tutto ruota o sembra ruotare intorno a questa data. C’è stato un giornalista americano che scrive per il Los Angeles Times e per l’Herald Tribune William Pfaff che ha scritto una frase che mi ha ispirato, è da li che sono partito per scrivere il libro: “l’11 settembre l’impero ha preso coscienza di essere tale”, cioè fino al giorno prima già esisteva, perché con il crollo dell’unione Sovietica nel 1991 questo impero si è formato, non c’era più il mondo bipolare, sono rimasti solo gli Stati Uniti con una potenza sconfinata, micidiale, unica già allora.

Ma di questo potere non se ne resero conto subito, c’è voluto un po’ di tempo.

Che avessero già il senso della potenza si intuiva e nel libro racconto dettagliatamente un episodio del tutto sconosciuto: la guerra del Golfo del 1991 non iniziò mica come noi sapevamo! Cominciò 17 ore prima con una operazione militare che è rimasta segreta fino a pochi mesi fa, si chiamava “operazione scoiattolo”. Ve la racconto: 16/17 ore prima che cominciasse l’attacco contro l’Iraq una squadriglia di bombardieri B52 M-modificati si levò da una base della Louisiana carica di missili di crociera, attraversò l’Oceano Atlantico e sorvolò  lo Stretto di Gibilterra e tutto il Mediterraneo, entrò nello spazio aereo egiziano, attraversò il Mar Rosso, sorvolò l’Arabia Saudita e da lì, senza entrare nel territorio iracheno, sganciò 32 missili di crociera; la guerra iniziò così, con una operazione sperimentale e segreta, poi questi aerei fecero una virata di 180 gradi e ritornarono nella loro base in Virginia senza mai scendere a terra, ripetutamente riforniti in volo da aerei che si erano alzati dalle Azzorre.

Perché questa operazione ce l’hanno tenuta nascosta? Perché era la prima volta che gli americani provavano a fare una guerra completamente da soli, infatti non chiesero il permesso a nessuno per questa operazione, nemmeno alla Nato. Questo nel ’91, diversi anni fa, quindi significa che già da allora c’era qualcuno che pensava a sviluppi futuri, non sono mica ingenui; hanno decine di centri di ricerca dove fanno i loro calcoli, ragionano strategicamente e pianificano. Avevano già pensato alla guerra da condurre da soli, in qualsiasi parte del pianeta, ma perché? Di che cosa non si fidavano i generali americani nel ’91? Perché non si fidavano neanche degli europei? C’era quindi già allora l’idea che l’America sarebbe diventata qualcosa di diverso da quello che noi abbiamo percepito fino ad oggi, sono passati 10 anni e la guerra afgana si fa senza bisogno di nessuno, neanche della Nato, non ci hanno chiesto di partecipare e anzi hanno cercato di tenerci da parte e con noi i francesi e i tedeschi, hanno partecipato solo gli inglesi e potevano anche non farlo, neanche di loro c’era bisogno.  Questa è una prova dell’impero, vogliono far da soli, perché non si fidano più di nessuno e perché intendono dominare il mondo.

C’è una frase che io vi propongo come spiegazione, anche questa abbastanza lontana: Ronald Reagan dice durante il suo primo mandato a tutto il mondo “il tenore di vita degli americani non è negoziabile”, questo c’entra moltissimo con la guerra. Vedremo dopo cosa significa questa frase.

Ma torniamo al 2001, al fatale 11 di settembre e alla frase di Pfaff, che dice che da questa data l’America ha preso coscienza di essere diventata l’impero e di voler esercitare il suo potere. Che cosa era successo in quell’anno? Noi abbiamo saputo che l’America è entrata in recessione, lo abbiamo saputo il 13 novembre 2001, che nel calendario viene dopo l’11 di settembre; ma quando ci hanno detto che l’America era entrata in recessione ci hanno anche detto simultaneamente che lo sapevano dall’aprile del 2001, che viene prima dell’11 di settembre!

E allora di fronte a queste due date cerchiamo di riflettere: ci dicono nel 2001 che l’America è entrata in recessione, ma questa è la notizia più importante dell’ultimo quindicennio!

Perché in tutti i quindicenni precedenti ci hanno detto che il modello americano era fantastico, funzionava meravigliosamente, che la globalizzazione era un grande successo, che si produceva più ricchezza di prima e che questa ricchezza veniva distribuita in tutto il mondo, era il modello giusto. Ma non abbiamo forse vissuto gli ultimi anni con una sinistra italiana che diceva che questo era il modello che bisognava seguire, che o fai come loro oppure perdi la concorrenzialità, che bisognava essere privatizzanti, deregolanti, che bisognava accettare tutto il modello americano perché funzionava benissimo, era perfetto, che non ci sarebbero più state crisi, che era la fine delle crisi cicliche del capitalismo. Non ha detto tutto questo D’Alema, in questi anni? Ma cito lui solo perché questa era l’opinione comune.

Novembre 2001: la crisi della globalizzazione americana

E invece, nel novembre 2001, noi veniamo a sapere che l’America si è fermata, e chi è che l’ha fermata? Non c’è più l’Unione Sovietica, il nemico, e infatti nessuno l’ha fermata, si è fermata da sola!

Nel 2001 noi abbiamo assistito alla formalizzazione della crisi della globalizzazione americana. Però loro lo sapevano da aprile e ci hanno impiegato otto mesi per dirci la più importante notizia dell’ultimo quindicennio. Ma come? Non viviamo forse nell’epoca della tecnologia più raffinata, dove basta schiacciare un pulsante per trasferire cento miliardi di dollari dalla borsa di New York a quella di Tokyo, o di Londra?

E poi mi è venuta in mente un’altra cosa: gli otto grandi che si sono riuniti a Genova a luglio, sempre prima dell’11 settembre, lo sapevano o non lo sapevano che l’America era già in recessione da alcuni mesi? Anche questa è una domanda interessante, perché i casi sono due: o questi otto lo sapevano, e allora ci hanno mentito in modo clamoroso e spudorato, oppure non lo sapevano, e allora non sono otto grandi, allora c’è qualcuno che è più grande di loro che l’ha tenuto nascosto all’opinione pubblica mondiale, circa 6 miliardi di persone.  In questo fatale 2001 è successa un’altra cosa: è crollata da Enron Corporation, abbiamo sentito qualcosa, ma poca roba perché da noi la nostra stampa non si occupa delle cose importanti, Bruno Vespa ce lo insegna tutte le sere, non è vero?

Questa Enron aveva due caratteristiche “divertenti”: era il più grande gigante energetico del mondo e la settima impresa mondiale nella graduatoria. Se crolla una cosa di questo genere, che era nell’elenco dei primi 100 potenti del mondo, è come dire non tanto che sono stati messi sul lastrico circa 50 mila persone a cui hanno rubato anche le pensioni, ma è come se ci dicessero che il Belgio è affondato, sparito. Nel 2001 l’intero gruppo dirigente della Enron si è portato via qualcosa come 1000 miliardi di dollari. Questo sarebbe niente se non fosse anche che la Enron ha finanziato la campagna elettorale di Bush, Cheney, Rumsfield, e altri membri di questa amministrazione che praticamente è tutta composta di ex funzionari o dirigenti della ENRON CORPARATION.

Quindi immagino che anche a voi inizia a venire qualche sospetto su ciò che è successo nel 2001, a me ne sono venuti molti, perché in tutta questa storia c’è qualcosa che non funziona, compresa l’elezione del Presidente Bush.

A proposito di D’Alema; non ci hanno forse spiegato questi signori che il modello americano e la democrazia americana era la migliore possibile, che bisognava imitare l’America, tanto è vero che l’abbiamo imitata, perché i 61 deputati eletti in Sicilia per il Polo  sono stati regalati al Polo perché noi gli abbiamo regalato il sistema maggioritario e perché glielo abbiamo regalato? Stavamo imitando il sistema elettorale americano, il bipartitismo, l’alternanza, tutte queste scemenze da bambini delle elementari, e poi scopriamo che la più grande democrazia del mondo, anzi l’Impero, ha un imperatore che non è stato eletto dagli americani, ma nominato da un tribunale della Florida dipendente dal fratello del Presidente degli Usa.  Che meravigliosa democrazia che abbiamo di fronte! L’imperatore, che è soltanto un facente funzione, perché come tutti voi avrete capito Bush non è il vero imperatore troppo incolto per fare il Presidente sul serio, il Presidente vero è Cheney,  “è stato comunque eletto”, anche se probabilmente “non ha neanche vinto le elezioni”, anche questo è accaduto all’inizio del 2001.  Allora io cosa concludo? che ho deciso di mettermi a studiare questo 11 di settembre e ho cominciato pazientemente a raccogliere tutte le informazioni che sono state pubblicate sulla stampa americana, con calma, ho ritagliato i giornali, ho messo insieme le cifre, ho fatto un po’ di conti e guardando questo problema da ogni parte, ogni cosa che vedevo mi portava ad una conclusione unica, anche se sono stato prudente e ho riflettuto a lungo se dirla o meno, perché mi sembrava troppo grossa, ma poi siccome era evidente, me ne sono sempre più convinto e leggendo Chomsky, che più o meno diceva le stesse cose, sono arrivato a questa conclusione che vi comunico: noi non sapremo mai la storia dell’11 di settembre, queste storie non si sanno mai nel corso di una vita, noi italiani siamo molto esperti a cominciare dalla strage di Piazza Fontana per cui ci sono voluti 40 anni per capire qualcosa, dall’Italicus, da Brescia, da Bologna ecc.. noi non abbiamo saputo mai niente perché c’erano i servizi deviati, un termine del tutto italiano, ma chi li devia i servizi?

Allora, per analogia e non solo, la prima considerazione è questa: l’11 settembre è troppo grande per un fanatico islamico, perché in una grotta afgana non si costruisce l’11 settembre, visto che ci saranno voluti almeno 250 uomini mettendo insieme quelli che hanno raccolto i soldi, usato le carte di credito, fatto le prenotazioni, controllato i movimenti, che hanno fatto il cifrario segreto per le comunicazioni ecc.. non l’ho fatto io questo conto; ma come si fa a non sapere nulla prima?

Ho chiesto ad un mio vecchio compagno partigiano genovese quanto tempo impiegavano per organizzare un’azione gappista seria durante la guerra clandestina contro i nazisti e i fascisti.  Mi ha risposto che per una operazione seria non si poteva aspettare più di una settimana perché qualcuno si lasciava sfuggire sempre qualcosa, quindi di queste 250 persone operando all’interno degli Stati Uniti per anni e anni nessuno si è accorto di niente? Poi ci viene detto che in realtà qualche cosa lo sapevano, ma che dovevano fare altre indagini, poi veniamo a scoprire che addirittura tra i kamikaze che avrebbero preso parte a questa operazione alcuni sono stati fermati tre o quattro volte quella stessa giornata prima di salire sull’aereo, e poi pian piano viene fuori l’ultima cosa divertente e incontrovertibile, perché ci sono i documenti, cioè il fatto, pubblicato da Le Monde, per cui esiste un rapporto che l’FBI ha inviato subito dopo l’11 settembre al Ministero della Giustizia americano e che rivela che nella cittadina di Fort Lauderdale in Florida (di nuovo la Florida! che coincidenza!) alcuni giorni prima dell’11 settembre un gruppo di 60 studenti israeliani erano alloggiati, nella stessa cittadina in cui si trovavano 7 dei 15 kamikaze che avrebbero preso parte all’attacco aereo. L’FBI quando viene a scoprirlo si chiede che cosa ci facessero questi studenti israeliani a Fort Lauderdale e se per caso erano lì per seguire i kamikaze? Perché non hanno detto niente all’FBI e alla Cia?  Se cominciamo a snocciolare queste cose, viene fuori quello che dice Chomsky: la verità non la sapremo, ma una cosa la sappiamo con assoluta certezza per me, ed è che la versione che ci hanno offerto è falsa! Tutto ciò che i mass media mondiali hanno pubblicato sull’11 settembre è falso, l’interpretazione politica dell’11 settembre è falsificata completamente. Ma è su questa base che siamo andati alla guerra in Afghanistan! È su questa base che si sono uccisi 6500/7000 civili afgani e 15000 combattenti talebani, certo brutali, ma li abbiamo ammazzati, e in ogni caso se non ci paiono tanto gravi i militari non dimentichiamo i civili, una bella vendetta! 1 a 3, ma loro valgono meno dei morti delle Twin Towers, che pure sono morti anche quelli, ma ci sono due pesi e due misure, anche in questo senso. Ma non è questo il punto. Se la versione è falsa, se la guerra è stata fatta sulla base di criteri falsificati, che cosa è accaduto che spiega questa guerra lunga che ci sta di fronte? Che cosa è accaduto per far raggiungere agli americani la più alta cifra mai stanziata nella loro storia, in termini percentuali e assoluti, di spese militari?   Ufficialmente si tratta di 387 miliardi di dollari, 48 miliardi in più dell’anno precedente! Ufficiosamente, perché alcuni questo calcolo l’hanno fatto guardando con attenzione il bilancio americano, sono circa 550 miliardi di dollari per il solo 2003! Per dare un’idea di questa spesa basta dire che in termini percentuali gli americani hanno superato la cifra del 1982, l’anno più drammatico della guerra fredda quando la Russia con Breznev annunciò la parità strategica con gli Usa, il momento in cui si minacciava lo scontro nucleare con l’Unione sovietica! Quindi è evidente che non scherzano.  Poi c’è una seconda cosa: hanno deciso di abbandonare unilateralmente il Trattato ABM del 1972, il trattato che garantiva l’equilibrio strategico tra Unione Sovietica e Usa e voleva dire che siccome si era raggiunta la parità militare o la si stava per raggiungere, entrambe le due potenze rinunciavano all’idea di costruirsi uno scudo stellare missilistico che coprisse l’intero paese, o meglio ne costruirono solo uno a testa, i Russi per proteggere Mosca e gli americani per proteggere una base strategica. Era il famoso discorso dell’equilibrio del terrore, cioè una mutua distruzione assicurata, perché se una potenza attaccava e l’altra aveva un “ombrello” sarebbe stata in grado di contrattaccare, quindi nessuno dei due avrebbe mai attaccato.  Perché improvvisamente nel 2001 una delle prime decisione che prende il presidente Bush appena arrivato al potere è quella di ritirarsi fuori da questo Trattato, dichiarando alla Russia che gli americani si faranno il loro scudo stellare? Perché, che cosa è successo? L’argomentazione, alla quale credono tutti i nostri commentatori italiani,  è che ci sono alcuni paesi, cosiddetti “stati canaglia”, di cui non ci si può fidare e che un giorno potrebbero attaccare gli Usa, tra cui l’Iraq, l’Iran, la Corea del Nord, ma non risulta che questi stati abbiano le armi nucleari, forse se le potranno fare, tra qualche anno, ma per ora non ce l’hanno.  Per cui, bisogna abbandonare il Trattato ABM, rovesciare completamente il sistema degli accordi internazionali per proteggersi da questi tre stati che l’arma nucleare neanche ce l’hanno: la spiegazione non può essere questa.

Il nemico americano di sempre: la Cina

Gli americani si stanno preparando ad un grande scontro strategico mondiale, questo non significa che si stanno preparando a fare la guerra, ma che si stanno preparando ad uno scontro mondiale con il solo paese che in questo momento riesce a prendere decisioni senza chiedere il permesso a qualcuno, neanche agli Usa. È evidente che parliamo della Cina.  Gli americani si stanno preparando alla guerra contro la Cina, naturalmente non ce lo dicono, non si può dire, sarebbero tutti indignati soprattutto per le motivazioni che adesso cercheremo di capire. Facciamo un calcolo, io ho parlato di crisi della globalizzazione americana, perché ciò che sta accadendo è che l’occidente si è fermato, il Giappone non cresce più da dieci anni, l’America si è fermata nel 2001, l’Europa arranca intorno allo 0,7-1,2%, se le mettiamo insieme l’anno prossimo raggiungiamo un livello di crescita medio annuo dell’1,7% del prodotto mondiale lordo, se va bene!  Ma dieci anni fa gli americani, il FMI, dicevano che se si fosse giunti ad una crescita inferiore al 2% del prodotto interno lordo mondiale, saremmo stati in crisi gravissima! Ci siamo arrivati, siamo già nella crisi mondiale dell’economia, ed è una crisi grande, non credete a quelli che scrivono sul Sole 24 Ore, che ci dicono che la ripresa è dietro l’angolo, perché non c’è nessuna ripresa, guardate come vanno le borse, sembra un’altalena!  La Federal Reserve nel 2001 ha abbassato il tasso di sconto del dollaro  di 11 volte, in un solo anno! non era mai accaduto nella storia degli Usa che si abbassasse così il tasso per far riprendere gli investimenti, e comunque non ci sono riusciti! hanno diminuito le tasse per i ricchi, per aumentare i loro consumi e gli investimenti, non ci sono riusciti! E pensare che l’America era la locomotiva mondiale.  Dall’altra parte? Guardiamo la Cina: un miliardo e 250 milioni di persone, che da dieci anni continua  a crescere a tassi medi lordi superiori all’8% medio annuo.

Proviamo a fare un ragionamento banale: i cinesi incominciano già adesso (non occorre arrivare all’anno fatale che poi vi dirò) a desiderare di consumare tanto quanto consumiamo noi, di bere tanta acqua quanto noi, di avere tante automobili quante ne abbiamo noi e di consumare tanta benzina quanto noi. Cosa succederà nel famoso anno 2017? Perché, direte voi, il 2017?  Ve lo dico subito: c’è un documento del Pentagono pubblicato alla fine del 2000, pochi mesi prima del fatale 2001, in cui Rumsfield,  non ancora Ministro della Difesa, scriveva, insieme ad un gruppo di importanti generali del Pentagono, che nel 2017 la Cina sarebbe divenuta il nemico principale degli Usa. Gli esperti hanno già fatto tutti i conti, mettendo in lista lo sviluppo demografico della Cina, il suo sviluppo economico, tecnologico, militare e facendo la somma hanno concluso che la Cina del 2017 sarà un paese in condizioni non solo di difendersi, ma di minacciare la sicurezza degli Usa. Allora bisogna arrivare al 2017 mettendo gli Usa in una superiorità tale da consentire agli Usa in quel momento cruciale, di dettare le loro condizioni al mondo intero.

Sta succedendo che dove si conoscono le cose, si è capito che siamo arrivati ad un punto cruciale della storia dell’uomo, ai limiti dello sviluppo.

Oltre significa porsi il problema che Ronald Reagan aveva già intuito 15 anni fa: le condizioni di vita degli Usa non si negoziano. Vedete, noi stiamo già chiudendo le nostre città la domenica perché non ci respiriamo più, la temperatura del pianeta sta crescendo perché causiamo l’effetto serra, perché consumiamo troppa energia e stiamo depredando tutte le ricchezze della terra, stiamo facendo andare indietro i ghiacciai e salire il livello del mare, nei giorni scorsi ho letto una notizia agghiacciante in un piccolissimo trafiletto del Financial Times dove c’era scritto che tutte le aziende della pesca mondiale hanno fatto una Conferenza in Alaska e hanno tirato fuori tutti i dati che avevano a disposizione dai quali risulta che noi abbiamo dimezzato il patrimonio ittico di tutti gli oceani del mondo negli ultimi dieci anni. Quindi stiamo distruggendo l’intero patrimonio ecologico del pianeta ad una rapidità vertiginosa.

Ma noi possiamo permetterci davvero che un miliardo e 250 milioni di cinesi entrino sul mercato mondiale facendo quello che abbiamo fatto noi fino ad ora? Ma salterebbe tutto per aria!

Tiriamo le somme: bisogna impedirglielo. Non necessariamente facendo la guerra, ma costringendoli a subire le nostre decisioni.  Non c’è soltanto il problema dei ricchi e dei poveri nel pianeta, il classico “elastico di classe” che l’occidente ha teso negli ultimi anni oltre ogni misura, ci sono 800 milioni di persone che non mangiano abbastanza, c’è un miliardo di persone che non beve abbastanza, ma questo non è tutto. C’è un terribile secondo “elastico” che non vi ho descritto, noi siamo arrivati ai limiti dello sviluppo o perlomeno di quello sviluppo, perché non è detto che non ce ne possa essere un altro.  Questo sviluppo per essere mantenuto richiede la guerra, una grande potenziale guerra di sterminio per mantenere il loro livello di vita.

L’Europa: quale ruolo?

E allora, che cosa possiamo fare? Poco, io non ho parlato neanche dell’Europa, perché è un nano militare che non conta niente, ma è un gigante economico che potrebbe contare.  Guardate come riesce a contare nella crisi palestinese, noi abbiamo dei dirigenti che oltre ad essere vili e incapaci, sono dei vassalli incapaci di capire ciò che sta accadendo.  In che cosa possiamo sperare, nell’Europa che si erge e dice che la guerra non la vuole?

Questa è una guerra folle, non sarebbe meglio cercare di capire tutti insieme come utilizzare al meglio le risorse del pianeta? Forse noi dovremmo rinunciare a qualche cosa, ma in compenso avremmo la pace, potremmo sopravvivere e dare un futuro ai nostri figli, oppure la guerra. Ma chi sono gli uomini in Europa capaci di alzarsi un giorno e riflettere in termini strategici, non soltanto nei termini di tre o quattro anni, quando si saranno eletti di nuovo? Noi non abbiamo leader capaci di guardare più in là di quindici anni, non abbiamo nessuno intorno a noi, senza parlare di questo gruppo di criminali che sta alla testa degli Usa in questo momento.  Occorre una grande “riforma intellettuale e morale” come direbbe Gramsci, che non inizia certo dai nostri dirigenti, ma da noi stessi, che intanto dobbiamo cominciare a dire che noi questa guerra non la vogliamo e che faremo di tutto per impedirla.

 È necessaria poi una riflessione nuova, senza stare a biascicare sulle vecchie formule del passato, e capire che noi ci troviamo in una svolta della storia che nessun’ altra generazione ha mai vissuto. Mai era capitato che l’uomo potesse turbare l’universo, e non c’è nessuna teoria di classe che ci spiega come se ne esce. Non c’è un vincitore o perlomeno a Washington pensano che possono essere loro, io non ne sono sicuro, perché questa guerra potremmo anche non vincerla. E anche se la vincessimo? Che cosa ne uscirebbe? Avremmo sicuramente perduto la libertà, la democrazia, tutte le cose belle di questa società, la civiltà, il diritto, la nostra dignità e i nostri valori.  Concludo ricordando con quello che mi è accaduto nella Valle del Panshir il giorno prima della mia partenza, quando, guardando la televisione nell’ospedale di Emergency,  fummo informati che quel pomeriggio nella cittadina di Peshawar, in Pakistan, 500 giovani avevano firmato per la Jiad, in un solo giorno. Mi chiesi: che cosa succederà quando uccideranno Bin Laden? Diventeranno 50 mila, poi 500 mila, ripeto quindi che non sono sicuro che noi vinceremo questa guerra, contro un esercito di kamikaze che stiamo creando con le nostre mani.  Ho scritto questo libro il più in fretta possibile, perché sono convinto che questa riflessione non ha tempi infiniti. Sono angosciato, volevo angosciarvi, spero di esserci riuscito!