Luigino Ciotti

Il libro che presentiamo questa sera Battesimo di sangue è pubblicato dalla Sperling & Kupfer, nella collana diretta da Gianni Minà "Continente desaparecido". In questa collana sono stati pubblicati, tra gli altri, scritti di Eduardo Galeano, Che Guevara, Leonardo Boff, Dante Liano e due romanzi di Frei Betto La musica nel cuore di un bambino il primo e Uomo fra gli uomini il secondo.

Conoscete tutti Frei Betto, al secolo Carlos Alberto Libanio Christo, è una figura importante della teologia della liberazione, è un domenicano che ha trascorso quattro anni nelle carceri brasiliane, dal 1969 al 1973, durante la dittatura militare che è durata dal 1964 al 1985.

Frei Betto, che come afferma è tornato Dai sotterranei della storia (nelle cui lettere la definizione serve ad indicare la condizione del prigioniero e il luogo teologico della liberazione) ha anche ritenuto la figura di Che Guevara importante quanto quella di San Giovanni della Croce.

È curioso avere questa sera, insieme a Frei Betto anche Gianni Minà, visto che entrambi hanno intervistato Fidel Castro; il libro di Frei Betto era Intervista sulla religione.

Inoltre è qui presente il mio insegnante di religione al liceo classico "Properzio" di Assisi, Don Aldo Brunacci, che ha intessuto una corrispondenza epistolare con Frei Betto quando, nei primi anni ’70, era in carcere ed ancora sconosciuto nel nostro paese. Don Aldo e Betto solo ora si sono conosciuti di persona. Ciò dimostra quanto è piccolo il mondo e grande il ruolo di Assisi.

Gianni Minà

Diventando più vecchi o si lascia definitivamente l’impegno o si scopre l’impegno; a me è successo questo: da giovane ero un viandante, un viaggiatore nel mondo, contento e felice, poi un giorno viaggiando ho incontrato delle realtà sempre più inaccettabili.

Chiunque si ribellava era ritenuto un comunista

Viaggiando in America Latina per passione, per mestiere e un giorno anche per amore, visto che mi sono sposato e ho avuto una figlia in America Latina, a poco a poco mi sono reso conto che l’informazione sull’America Latina, ed ora anche sull’Africa (tanto che inizio a pensare che riguardi tutti i Sud del mondo) nei giornali occidentali e in moltissimi giornali italiani era un’informazione artefatta, assurda, sensazionalista, a volte grottesca e in quell’epoca mi domandavo il perché.

La risposta, che non copriva tutte le mie curiosità, era che l’America Latina per la sua povertà aveva molti movimenti di resistenza, di liberazione, alcuni guerriglieri, e quindi nella paura degli Usa e nel confronto dovuto alla guerra fredda tra mondo occidentale e comunismo, chiunque si ribellava era ritenuto un comunista e come dicono i preti latini americani "se ci occupiamo dei poveri dicono che siamo cristiani , ma se ci occupiamo delle cause della povertà siamo comunisti", cosa che ancora succede in Italia, dove in televisione chi propone dubbi o argomenti che riguardano la sopravvivenza della maggior parte della gente si sente tacciare di comunismo.

Capitalismo selvaggio

Non so perché l’essere comunista viene reputato un insulto, ma se ci fosse qualcuno di sinistra in televisione che ogni tanto trovasse l’orgoglio di rispondere che allora anche la parola capitalista diventa un insulto, perché l’apartheid in Sud Africa o i desaparecidos in Argentina o il genocidio in Guatemala o i venti milioni di bambini randagi in Brasile, e potremmo continuare, a chi li mettiamo sulle spalle? Sono i prodotti del capitalismo, di quello più estremo, chiamato dal Papa "capitalismo selvaggio".

La realtà è che se delle idee politiche sono state usate in modo vergognoso e infame, le idee rimangono e il capitalismo non è stato usato meglio del comunismo, perché uccide e ha ucciso allo stesso modo.

Purtroppo chi va in televisione a rappresentare la sinistra questo tipo di orgoglio non ce l’ha e quindi si fa dire con disprezzo comunista. Io che sono cattolico e credente, che non ho mai militato in un partito della sinistra, pur avendo idee di progresso, penso che un comunista in Italia non si debba vergognare di nulla, ha lottato per cambiare questa società e per farla più equa e giusta.

Anzi c’è stata un epoca, fino alla metà degli anni ’80, che non si faceva carriera in fabbrica, non si entrava nel pubblico impiego, o nei carabinieri o nella guardia di finanza, perché uno era militante di sinistra, anche se poi le cose sono cambiate.

Penso quindi che si faccia un uso strumentale delle parole comunista o capitalista.

Capitalismo: impossibile definirlo modello vincente

Come si può definire modello vincente un modello che assicura la vita al 20% dell’umanità e condanna l’80% dell’umanità alla non vita? È vincente per le 29 nazioni che abitano nel Nord del mondo e che controllano l’economia e perdente per le rimanenti 200 che invece non ce la fanno.

Le proposte della Banca Mondiale e del Fondo Monetario sono criminali, perché sono ricette che condannano ad un aumento sempre più grande della miseria delle persone che vivono in Africa o in America latina, facendo dimenticare fra l’altro alle nuove generazioni che questi paesi non hanno più perché abbiamo rubato noi, perché quando ci dicono che c’è una guerra in Sierra Leone o in Ruanda ci devono anche dire perché c’è una guerra, perché i bambini dodicenni hanno in mano le armi moderne che il mondo del nord, che si dice civile e democratico, gli vende, perché qualcuno li usa, perché quel qualcuno vuole i diamanti della Sierra Leone, come gli Usa e l’Inghilterra.

Il Ruanda e il Burundi sono l’eredità di ciò che è successo nel Congo circa 35 anni fa, quando le grandi nazioni hanno messo un dittatore, Mobutu Sese Seko, morto poco tempo fa, che al momento della sua morte era il quinto uomo più ricco del mondo con tutti i suoi capitali in Svizzera. Come fa un nero di Kinshasa, con un cappello di pelle di leopardo in testa, ad essere più ricco di tanti magnati europei? Servendo fedelmente la Compagnie Générale des Mines belga, padrona di tutte le ricche miniere del Congo.

Perché un congolese non dovrebbe arrivare in Italia o in Europa a cercare una vita migliore, visto che noi gli abbiamo sottratto la possibilità di costruire una società nel suo paese?

Testimonianze dall’America Latina

Perché un continente che produce forse i più grandi scrittori che ci sono in questo momento, ma anche la musica che tutti balliamo d’estate ed ancora stelle del balletto famose in tutto il mondo, o arti plastiche con artisti come Botero, o il cinema ecc.. come fa un continente che regala al mondo tanta intelligenza a vivere una vita così mortificante? Perché l’economia deve ammazzare così un continente tanto generoso verso l’umanità? Questo non viene mai preso in esame, eppure per fortuna la forza della cultura meticcia ha conquistato i nostri mercati.

Per questo nella collana ho voluto avere delle testimonianze di persone che dessero una contro-informazione, rispetto ai giornali italiani che dedicano sempre meno spazio all’informazione internazionale, come se l’Italia fosse diventata l’ombelico del mondo, come se tutto succede se lo fa Bossi, se controbatte D’Alema, se dice qualcosa Berlusconi e controbatte Casini, come in un teatrino grottesco, un po’ come succede nel Grande Fratello dove tutti aspettano che quei ragazzi fornichino o si menino, come succederebbe a degli animali in una scatola se inizi a poco a poco a restringere i lati. Un programma che ha successo perché pompato moltissimo dai giornali, dalle televisioni.

Il dovere di un giornalista

Io ho scelto di informare su ciò che succede nel mondo perché non vorrei che un domani i miei figli mi chiedessero perché non avevo fatto niente, come giornalista, per far sapere che era inevitabile che un domani arrivasse questo disagio, perché se le ricchezze del mondo continuano ad essere così disonestamente ripartite e non si cambia questa distribuzione della ricchezza, fra 15/20 anni avremmo un’invasione biblica dal sud del mondo verso il nord e non ci sarà Bossi o legge Martelli , nulla che potrà fermare tutto questo.

Se 350 persone continuano ad avere in mano il 48% della ricchezza della terra, questo è criminale, è un attentato ai diritti civili e a quelli umani.

Viene dall’economia e dalla finanza il primo attentato ai diritti alla vita degli esseri umani, pensate che il piano del Fondo Monetario Internazionale prevede di tagliare le spese sociali in Zambia, che sono già ridicole, è come decidere la camera a gas per i cittadini di questo paese.

Sono le leggi dell’economia e della finanza a negare il diritto alla vita dell’80% della popolazione mondiale; ma le leggi chi le fa?

Eppure questi economisti continuano ad incontrarsi, e i redattori vanno sempre ad intervistare i Romiti, i Berlusconi, che dicono sempre le stesse cose, che sono grottesche, perché per la maggior parte dell’umanità che l’indice Mibtel salga o scenda, non cambia niente.

La Borsa è una presa per i fondelli, perché riguarda un piccolo nucleo, un atomo di umanità, ma per tutto il resto non cambia nulla, è solo un tentativo di tergiversare, di farti andare fuori dalla realtà. Poi un giorno arriverà il dramma e tu non l’hai previsto, non l’hai atteso e non sai come affrontarlo.

Fra poco i nostri figli vivranno estati in cui ci saranno 50 gradi e noi continuiamo a distruggere l’eco-sistema, perché queste sono le leggi dell’economia. Ma l’economia chi la fa? Gli uomini devono incominciare a pensare che tutto questo non è possibile accettarlo fino in fondo

Queste cose molti in America Latina le dicono, e le dicono fuori dai denti, e non le dicono soltanto quelli che Berlusconi chiamerebbe comunisti, ma le dicono i cattolici, le dicono gli ecologisti, i laici, molte persone che vivono un'altra realtà, che non è quella che raccontano i giornali.

Amo queste persone, che si chiamano Luis Sepùlveda, Eduardo Galeano, Paco Ignacio Taibo, Jorge Amado, per citare solo scrittori, che parlano come la sinistra europea non sa più parlare.

Esuberi di popolazione": così l’occidente liquida il problema povertà

Perché continuare a credere che la "terza via" di Blair potrà essere il futuro del Ruanda, del Burundi o della Bolivia? A meno che non pensiamo che soltanto alcuni paesi abbiano diritto alla vita.

Negli organismi internazionali gli enormi agglomerati di povertà li chiamano "esuberi di popolazione", che è una espressione cinica, è come dire che qualcuno ha sbagliato a nascere in quel paese e quindi deve morire. I sedici abitanti per chilometro quadrato del Brasile sono un esubero di popolazione, i quattrocento olandesi per chilometro quadrato non lo sono.

Tutto questo non l’ha deciso nessun Dio, ma soltanto una congiuntura economica attuale ma che domani magari cambierà, per cui quelli che nella provincia di Treviso si sentono i migliori d’Italia e dicono che loro producono i soldi che Roma ladrona spende, sono i figli e i nipoti di gente che emigrava per fame. La provincia di Treviso era fino al ’50 una delle più povere d’Italia.

In un’epoca in cui l’economia premia i trasformatori di prodotti, in Italia, che i prodotti li trasforma bene, alcune zone sono decollate, ma se domani cambiano gli equilibri dell’economia e si decide che in altri paesi si trasformano i prodotti meglio e a un prezzo più basso, sfruttando ad esempio i bambini, quelli che si credono i primi della classe di Treviso devono di nuovo emigrare perché non ci sono risorse nel paese in cui vivono.

Bisogna avere il coraggio di dire che il livello di vita di noi italiani, salvo una frangia di un 15%, è troppo alto perché l’umanità possa sostenerlo, così come lo è quello di tutti gli altre grandi nazioni.

Il "povero vecchio" generale Pinochet

Ho conosciuto Frei Betto, che ha una storia bellissima, la storia di un ragazzo che a 19 anni era già un dirigente dei giovani dell’azione cattolica del Brasile, un paese che faceva parte di quelle nazioni che su invito degli Usa sono state conniventi nella infame operazione Condor (Uruguay, Argentina, Brasile, Cile) che ha codificato, per la difesa degli interessi delle multinazionali il peggio della ferocia dal tempo del nazismo, cioè desaparecidos, torture inaudite, massacri, tanto è vero che un prigioniero era interscambiabile fra questi 4 paesi e torturabile in tutti e quattro.

Uno dei protagonisti dell’operazione Condor era il "povero vecchio" generale Pinochet, per il quale il cardinale Sodano ha persino chiesto un occhio di riguardo.

Quel giorno ero con Luis Sépulveda e con sua moglie. Lei è una delle ragazze dell’Università di Santiago del Cile che è stata carcerata, torturata per mesi alla famosa Villa Grimaldi, che Pinochet ha fatto distruggere perché non rimanesse traccia della ferocia lì dentro consumata, è stata considerata morta con altre quattro compagne torturate e gettata in una discarica. Nella merda di questa discarica è stata trovata dal guardiano che, rischiando in prima persona, l’ha tirata fuori che ancora respirava e l’ha tenuta alcuni giorni a casa sua, prima di mettersi in contatto con la famiglia; il mondo è pieno di eroi sconosciuti.

Ora la moglie di Sépulveda è la famosa poetessa Carmen Yanez ed è la madre del suo primo figlio, ma sono stati a lungo separati perché è stata ricoverata in Svezia per recuperare la sua psiche per circa 10 anni, così come tante altre ragazze sono ancora lì o in Danimarca a curarsi e a cercare un equilibrio da trenta anni; tutto questo per colpa del "povero vecchio" Pinochet.

Frei Betto "contrabbandiere di uomini"

Anche per questo vi invito ad ascoltare Frei Betto, che come molti domenicani brasiliani è finito in carcere per quattro anni ed è stato torturato, perché tentava di tutelare, di proteggere o far scappare i perseguitati della dittatura brasiliana. Faceva ciò che lui stesso definisce "contrabbando di uomini", fino al giorno in cui finalmente Paolo VI ha sostituito il Cardinale di San Paolo Rossi che negava l’esistenza delle persecuzioni e delle torture, ed ha mandato Evaristo Arns, che per trenta anni è stato il più grande nemico che le dittature latino-americane abbiano avuto.

Betto è figlio di questa fede, è un grande scrittore, ha vissuto per 5 anni in una favela, ha fatto esperienze profonde fino a diventare una delle figure preminenti della teologia della liberazione, teologia recuperata da Papa Giovanni Paolo II, nei suoi discorsi a Cuba e in Messico.

La chiesa ha recuperato questa teologia anche perché in quei territori deve recuperare il terreno perduto, perché la politica di Nixon negli anni ’70 prevedeva di far crescere le comunità religiose e le sette di qualsiasi tipo perché utili per controbattere le tesi troppo progressiste della Chiesa di base. Comunità e sette che sono diventate una piaga anche all’interno degli Usa, basterà ricordare la strage di Oklahoma City di 4/5 anni fa, che si cerca di dimenticare perché è una pagina inquietante della storia americana, perché lì la strage l’hanno fatta dei ragazzi bianchi neonazisti ma anche seguaci di una di queste confessioni.

La chiesa Cattolica deve combattere contro queste sette e in questa battaglia il ruolo dei teologi della liberazione e della chiesa di base latino-americana diventa importantissimo, per questo ad esempio la Conferenza Episcopale del Brasile è molto progressista e a volte non proprio in sintonia con il Vaticano.

p. Nicola Giandomenico

Le domande che mi rimangono nel cuore

La mia presenza è il simbolo di una stima che c’è sempre stata tra francescani e domenicani, stima che iniziò proprio tra San Francesco e San Domenico, e che continua oggi soprattutto in Brasile e negli altri luoghi dove ci troviamo insieme.

Il libro è ricco di fatti, di notizie, di avvenimenti e arricchimenti.

Per noi italiani ci sono alcune domande che rimangono nel cuore dopo la lettura del libro.

La prima è questa: come mai in Brasile c’è stata questa dittatura e come mai in Brasile non si è capaci di capovolgere il sistema sociale che ha imperato in questi 500 anni? è qualcosa che può essere cambiato? Oppure ci dobbiamo assuefare all’idea che i prossimi 500 anni saranno come quelli passati?

Conoscendo le capacità e l’impegno dei cattolici, perché non si riesce a cambiare?

La seconda domanda è rivolta ai cattolici: si può accettare solamente un battesimo di acqua? O il battesimo per essere vero deve essere anche di sangue? Ha un senso la croce? E se ha un senso deve essere abbracciata o deve essere rimossa? Generalmente noi pensiamo di rimuovere la croce, la sofferenza, ma è giusto questo? Per un cattolico è una domanda fondamentale.

Ed una terza domanda, per chi si sente meno cattolico: il male avrà il sopravvento sul bene? Dio di fronte a questa lotta, è uno spettatore inerte o è pienamente coinvolto?

Sono domande che emergono dalla lettura del libro, domande che anche Frei Betto si è posto, perché il libro è anche una sintesi di spiritualità, di pastorale, un modo di vedere e leggere gli avvenimenti che capitano attorno.

Per cui queste domande sono fondamentali anche per noi che viviamo in un diverso contesto.

Rinnovo l’invito alla lettura del libro, ad approfondirlo e se posso fare un augurio a renderlo vivo nella nostra società di oggi.

Gianni diceva che dirsi comunista nella televisione è un segno di disprezzo, ma c’è un termine ancora più grave che viene detto: quando si dice che uno è "cattocomunista" , è questa sicuramente l’espressione peggiore che può essere detta.

Si può essere cattolici fino in fondo impegnandosi a capovolgere le situazioni che sono storte, che noi vediamo che non sono giuste? Io penso di si.

Frei Betto (tradotto dalla prof.ssa Valeria Sismondo)

Ringrazio Gianni Minà e padre Nicola per le loro parole e Don Aldo Brunacci per la sua presenza.

Noi, campioni del mondo di disuguaglianza

Il Brasile oggi ha 167 milioni di abitanti, sfortunatamente non siamo oggi campioni del mondo di calcio, però siamo certamente campioni del mondo in disuguaglianza.

Il 20% più ricco degli abitanti del Brasile ha tra le sue mani il 64% del reddito nazionale, mentre il 20% più povero deve dividersi il 2,5% di questo reddito.

Siamo la decima economia mondiale, siamo i primi produttori per quanto riguarda la frutta, i sesti per i prodotti alimentari, perché il Brasile è l’unico paese del mondo che è in grado di fare tre raccolti all’anno, visto che non ha neanche catastrofi naturali, terremoti, uragani, non c’è la neve né il deserto, l’unico problema è che non ha il governo.

Nonostante tutte queste benedizioni, che ci fanno pensare che Dio avesse voluto riprodurre da noi il giardino dell’Eden, abbiamo 111 milioni di persone che vivono tra la miseria e la povertà e abbiamo 15 milioni di contadini senza terra, cioè contadini che fino a trenta anni fa la avevano e poi l’hanno persa.

La globo-colonizzazione

Uno dei personaggi responsabili di questa situazione è il Presidente Ferdinando Cardoso, che ha tradito il sociologo Cardoso, perché il sociologo era di sinistra e il Presidente è di destra. Deve essere un caso di clonazione al rovescio.

Siamo riusciti ad uscire da una dittatura militare ma oggi viviamo in una dittatura economica.

Tutta l’economia del Brasile e di tutta l’America Latina, ad eccezione di Cuba, è guidata e diretta dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale di Washington.

La cosa grave è che oggi noi viviamo in un mondo unipolare, che è soggetto alla nuova forma di capitalismo chiamata neoliberismo, uno sviluppo che io non amo chiamare globalizzazione, ma globo-colonizzazione.

Questi teorici del neoliberismo scrivono, ad esempio, che la storia è finita, che è un peccato contro la virtù teologale della speranza, oppure come l’economista americano Stevenson ha detto " la guerra alla povertà ormai è finita e i poveri l’hanno persa".

Il mio "battesimo di sangue"

Di fronte a tutto questo ritengo che noi militanti della speranza abbiamo il dovere di riscattare questa speranza per le giovani generazioni e anche per questo ho pensato di riscrivere questo libro "Battesimo di Sangue".

Il nazifascismo è un fenomeno che ha avuto fine 50 anni fa, e tuttavia ancora oggi ci sono libri attuali che ne parlano e ne discutono; la nostra esperienza sotto la dittatura militare è vecchia solo di 30 anni, ma sono sicuro che tra 100 sarà ancora attuale perché il dolore e la speranza dell’uomo non hanno età, sono fatti permanenti nella nostra condizione di uomini e toccano le nostre coscienze e i nostri cuori.

Mentre venivo qui ricordavo che io sono uscito dal carcere il 4 ottobre del 1973, il giorno della festa di San Francesco, ed anche per questo ho un forte legame spirituale con questa città.

Scrivendo questo libro non ho voluto solo parlare della sofferenza di chi ha subito la persecuzione della dittatura militare, è un libro di passione, morte, resurrezione. In questo libro ho parlato anche di tutta la bellezza e di tutta la luce che in queste sofferenze si trova.

Voglio raccontare due delle storie contenute nel libro.

Annamaria: la sua lotta contro la dittatura

Noi, un gruppo di giovani domenicani, partecipavamo alla lotta di resistenza contro la dittatura.

Il nostro lavoro era soprattutto quello di aiutare ad uscire dal paese gli studenti e i guerriglieri che erano perseguitati e ricercati dal regime.

Tra coloro che ho aiutato a fuggire c’era anche una ragazza di nome Annamaria che fuggì a Cuba e alcuni anni dopo tornò in Brasile con passaporto e documenti falsi per continuare questa sua lotta contro la dittatura.

Lei rientrò in Brasile con un gruppo di 29 ragazzi e ragazzi, di questi 28 furono uccisi non appena rientrarono in Brasile, perché evidentemente c’era a Cuba qualche spia che comunicava con le autorità. Solo di lei non si è saputo più dove fosse andare a finire.

Annamaria lavorava in una zona rurale, si occupava dell’intaglio di pietre preziose e si presentava come persona semi-analfabeta, sprovvista di documenti dato che veniva da una famiglia molto povera e il suo padrone si occupò di sistemare le cose in modo da trasformarla in una vera persona legale. Ad eccezione del marito, nessun altro, nemmeno i suoi figli sapevano la sua vera identità.

Lei mi raccontò che tornata da Cuba, solo dopo molti anni riuscì a ricostruirsi una nuova vita per continuare la sua lotta, ma ebbe allo stesso tempo la possibilità di formarsi una famiglia, perché la polizia cercava Annamaria e non un'altra persona, oppure semplicemente la credeva morta.

I quattro cardinali

L’altra storia è la storia di un domenicano che tra di noi è colui che ha subito le torture più atroci e che lo portarono a morire a 28 anni di età.

La nostra storia in carcere è segnata dalla presenza di 4 Cardinali.

Il primo era il Cardinale di San Paulo Rossi, che venne in carcere a visitarci, vide i segni delle torture e quando uscì dichiarò che in Brasile non esisteva la tortura.

Quando gli hanno chiesto il perché dei segni sui loro corpi, lui rispose che la polizia gli aveva detto che erano stati provocati da una caduta per le scale.

Questo fatto ha talmente tanto indignato Roma che lo stesso Papa Paolo VI lo sostituì con il cardinale Paulo Evaristo Arns.

Un terzo cardinale è quello di Porto Alegre, dove io fui catturato; dopo la cattura la prima cosa che fecero fu portarmi davanti a lui dicendo che ero un frate sovversivo, terrorista e che mi avrebbero consegnato alla sua autorità. Ma il cardinale rispose che nemmeno lui voleva problemi con le autorità né mi ha riconosciuto come religioso, per cui avrebbero potuto fare di me ciò che volevano.

Il quarto cardinale ha a che fare con la storia di Frei Tito.

Lui fu torturato due volte e la seconda volta è stato torturato continuamente per tre giorni e tre notti perché volevano che dichiarasse che noi avevamo partecipato ad operazioni armate. Si è rifiutato di fare questa affermazione e ci ha così salvato la vita a tutti quanti.

Uno di questi militari gli disse che se non voleva parlare non avrebbe mai dimenticato il prezzo del suo silenzio.

Lui portava sul suo corpo i segni delle scosse elettriche ricevute, aveva la bocca gonfia perché gliela facevano aprire dicendo che era l’ostia e invece gli applicavano le scosse elettriche, aveva le braccia segnate dalle bruciature delle sigarette, aveva i segni dei colpi in testa.

C’era un vescovo a San Paulo che era amico del giudice e a lui fu chiesto di andarlo a visitare.

Frei Tito fu allora portato all’ospedale militare perché i militari avevano paura che gli morisse dentro il carcere.

Dopo un anno dalla nostra uscita dal carcere, chiedemmo al vescovo di scrivere una testimonianza su come aveva trovato Frei Tito, senza fare alcun commento, ma soltanto descrivendo il suo stato fisico.

Il Vescovo ci rispose che non lo avrebbe fatto, perché non voleva provocare problemi al suo rapporto di amicizia con il giudice.

Il dolore più grave fu che anche questo vescovo è membro del nostro ordine dei domenicani.

Frei tito: "meglio morire che perdere la vita"

Frei Tito poi è uscito dal carcere, fu scambiato con un ambasciatore svizzero che era stato sequestrato, e andò a vivere a Parigi. Per le strade di Parigi gli sembrava di vedere i suoi torturatori ad ogni passo.

I medici dissero che era necessario che si trasferisse in una città più piccola, così andò a Lione.

Una sera dopo cena tutti i frati stavano in giardino e iniziò a piovere. Tutti i frati rientrarono in convento ad eccezione di Tito. Quando gli chiesero perché non entrava disse che i suoi torturatori si trovavano proprio dentro al convento. Fu necessario portare vicino al convento un camion dove lui si potesse riparare dalla pioggia.

Lui scrisse nella sua Bibbia una frase molto emblematica: "è preferibile morire piuttosto che perdere la vita".

Il 10 agosto del 1974 si impiccò ad un albero del giardino del convento. A causa della dittatura le sue spoglie poterono tornare in Brasile solo dieci anni più tardi. Ci aspettavamo dopo tutti quegli anni di ricevere una scatola con le sue ceneri, invece dopo 10 anni il suo corpo era ancora intatto.

La celebrazione funebre fu officiata dal Cardinale Arns che ha detto una frase significativa: "Tito non si è ucciso, ma ha semplicemente cercato dall’altra parte della vita quell’unità che da questa parte gli era stata tolta". Lui suscita ancora molta devozione nel mio paese, un po’ come Padre Pio o Giovanni XXIII in Italia, lui ci permette di avvicinarci a Dio.

Il mio incontro con Carlos Marighella

Per non finire tutta questa storia in modo triste, racconterò un terzo episodio molto breve.

Quando stavo nella clandestinità, trovavo rifugio in un luogo assolutamente insospettabile, mi nascondevo nella casa di un banchiere. Un giorno venne in questa casa il leader della resistenza contro la dittatura Carlos Marighella, con una valigia in mano.

Il banchiere allora era al lavoro, comunque io rimasi sorpreso che un banchiere potesse appoggiare la guerriglia urbana, il che significa che non dobbiamo assolutamente fare una lotta di classe (ride).

Quando mi chiese dove poteva trovare un bagno, io glielo indicai e lui mi disse di seguirlo: quando aprì la valigia questa era piena di biglietti di banca nuovissimi, che erano stati espropriati quella mattina dalle banche della città. Mi disse che dovevamo togliere tutti i nastri dalla banconote e mescolarle tutte prima di poterle usare senza preoccupazioni.

Abbiamo gettato nel water tutti i nastri, poi con un fiammifero abbiamo appiccato il fuoco a questa carta che avvolgeva i soldi. Ma da incendiari la nostra funzione passò ad essere pompieri perché con il calore del fuoco il water si spezzò, ci demmo subito da fare per raccogliere l’acqua ma tutto il resto della giornata lo passammo ad appendere i biglietti di banca ad asciugare come fanno le mamme con i vestiti dei bambini.

Il progetto di Dio

È questa cultura neoliberista che ci spinge a cambiare il più possibile il nostro corpo, facendoci un tatuaggio sul braccio, mettendoci un anello al naso o un piercing sulla lingua, o ancora ricorrendo alla chirurgia plastica perché è proibito essere brutti, grassi o vecchi, il neoliberismo ha trovato l’elisir dell’eterna gioventù: tutti vanno a fare ginnastica con il personal training, perché devono rimanere giovanissimi fino al giorno della loro morte.

Ora tra l’altro con la storia del genoma umano saremmo come delle macchine, ci saranno pezzi di ricambio per tutto e tutti: in questo modo moriremo tutti giovani.

Voglio concludere affermando con chiarezza che l’unica cosa che può dare un senso alla nostra vita è trasformare questo mondo, trasformarlo nel progetto di Dio su questa terra.

Gianni Minà

Il mondo attuale nemico della storia

Come avete sentito è un modo di vedere e raccontare le cose molto lontano rispetto alla nostra cultura attuale che fa in modo che molti di noi si sentano stranieri in questa società.

Ieri, alla presentazione che abbiamo fatto a Roma c’era il Vescovo Bettazzi, ora in pensione, e Betto ha spiegato molto bene perché il mondo attuale è nemico della storia, perché si tenta di cancellare la memoria e la storia. Se alla gente non gli offri un paragone, la gente crederà che ciò che gli vendi è la cosa migliore del mondo. Pensate alla televisione: non ci fanno più vedere la storia, non è di moda avere nostalgia, se vedi un cantante, un attore, un presentatore bravo inizi ad elevare il tuo gusto, la tua estetica, capisci che quelli che ora ti indicano come favolosi artisti sono delle mezzefigure e quindi non vai più a comprare il disco e qualsiasi altra cosa: vogliono che la gente sia solo consumatrice e non essere pensante.

Frei Betto

Destoricizzazione e desolidarizzazione

Io sostengo che il neoliberismo nella cultura produce due effetti: la destoricizzazione del tempo e in secondo luogo la desolidarizzazione delle persone.

Questo legame del tempo con la storia è un legame che ci viene dagli antichi ebrei, dalla Bibbia; Gesù, Marx e Freud, tutti e tre ebrei, sono quelli che hanno portato a sottolineare proprio la storicità del tempo, ognuno nel proprio campo.

Se si vede la dimensione del tempo come storia, questo permette all’uomo di avere un progetto nella sua vita, in tutti i campi, familiare, matrimoniale, politico, sociale, ma solo se riesce a dare al tempo la dimensione della storia.

Il neoliberismo ha portato questa destoricizzazione e alla desmemorizzazione, affermando che la storia non esiste, che tutto deve essere qui ed ora; importa avere tutto e subito perché non c’è ieri e non c’è domani. Quello che noi vogliamo formare sono cittadini, invece il neoliberismo ciò che vuole formare sono consumatori.

Il secondo fenomeno è quello della desolidarizzazione: il neoliberismo pretende che ognuno pensi solo a se stesso, e quindi meno relazioni sociali si avranno meno solidarietà si mostrerà, quanto meno amore per il prossimo si avrà tanto più si riuscirà ad essere felici.

Quindi la privatizzazione non è soltanto delle imprese, degli enti statali, ma anche dei valori, della fede di ciascuno; il mio rapporto con Dio è un rapporto che porta in me una consolazione personale, un conforto intimo, è qualcosa di mio che non riguarda l’amore verso il prossimo, la solidarietà verso i poveri; anche nella stessa Chiesa Cattolica questa privatizzazione spesso si estrinseca in una riduzione dell’esperienza di Dio ad un semplice catalogo dottrinale. E vorrei sottolineare un dettaglio piuttosto significativo: nell’ultimo rapporto del cardinale Raztinger circa l’ecumenismo ci sono due parole che non compaiono mai, eppure sono molto citate nei quattro vangeli: la parola povero e la parola amore.